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S2. Istituzioni coraggiose

Cosa serve all’istituzione pubblica per essere effettivamente coraggiosa, non conformista o omologante? Parte della questione sembra provenire dallo stesso ruolo che alle istituzioni è richiesto, quello cioè di “raccoglitore” del più vasto pubblico, che rischia di sacrificarne l’anima più avanguardista in favore di una banalizzazione dei contenuti. È possibile slegarsi da rapporti di potere e dipendenza che spesso si creano sia con le amministrazioni pubbliche che con il mercato, per favorire lo sviluppo di luoghi di conoscenza autonomi e radicali?

Si è trattato di un tavolo dalla composizione eterogenea, che ha lavorato su un piano teorico di produzione di pensiero e di costanti traduzioni di sistemi di linguaggio. Riflettere insieme sul “coraggio delle istituzioni” ha significato abitare una forma di scomodità e permettersi posizioni di contrasto aperto che sono state molto produttive e hanno messo in discussione una serie di posizionamenti individuali e professionali di partenza. 
Il tavolo aveva un tema complesso, e ci si è concentrati quindi innanzitutto su di una parte analitica, a partire dalla definizione di istituzione come la “cristallizzazione di un processo negoziale tra portatori di interesse che rappresentano sistemi di potere diversi, simbolico, economico, politico, a loro volta intessuti di discorsi”. 
Alla luce di questa definizione, si è scelto di dedicarsi esclusivamente alle istituzioni artistiche pubbliche, prendendo atto innanzitutto della feroce ristrutturazione in corso in questo momento nel sistema dell’arte in Italia, che sta sottraendo o depotenziando la dimensione artistica istituzionale, come è stato rilevato in particolare da chi lavora all’interno di istituzioni pubbliche: un senso di spossessamentto e indebolimento complessivo, in alcuni casi accompagnato da fragilità che riguardano temi di governance. Intendendo l’istituzione come un sistema complesso e negoziale, e alla luce di queste criticità, si è lavorato quindi su di una possibile precisazione del “coraggio” richiesto alle istituzioni artistiche, intendendolo nel senso della parresia, termine che etimologicamente ha a che fare con l’orientamento oltre che con la verità.
premesse
Due prospettive di “coraggio” 

Nello sviluppare delle prospettive e indicare delle direzioni di lavoro possibili, ci si è concentrati quindi sulla necessità di ripensare le istituzioni: questo ha portato da un lato alla necessità di pensare lo smantellamento delle istituzioni esistenti, là dove le condizioni in cui lavorano sono di pura conservazione dell’esistente, e dall’altro a quella di istituire nuove istituzioni. L’altra forma di “coraggio” delle istituzioni su cui si è lavorato riguarda invece, accanto al ripensamento radicale delle istituzioni stesse, la qualità del loro rapporto con gli artisti e le pratiche artistiche, e quindi il coraggio necessario a sostenere realmente gli artisti, anche quando i loro progetti presentano degli aspetti di “scomodità” per le istituzioni.
proposte
Traiettorie e proposte 

Sul fronte del ripensamento delle istituzioni e della necessità di nuove fasi istituenti, la discussione ha toccato innanzitutto il con chi ripensare le istituzioni artistiche – quindi il rapporto con la comunità e i privati – per poi concentrarsi sui processi istituenti e in particolare sulla necessità di inserirvi una variabile tempo. 
Un’istituzione non è istituita solo nel momento della sua fondazione ma ha bisogno di passare attraverso nuove fasi istituenti, di verificare la propria mission, le proprie modalità di lavoro, la propria stessa esistenza, regolarmente nel tempo: è qualcosa che accade raramente, e assistiamo quindi a istituzioni che sono enormemente invecchiate e non riescono a stare a passo con una società che è cambiata molto. 
Sul fronte del rapporto con gli artisti, ci si è confrontati molto sulla differenza o meno tra istituzioni pubbliche e private, spesso sovrapposte almeno nel modo in cui dialogano con il sistema economico e del mercato, concludendo che è necessario ribadire una linea di demarcazione più netta, almeno nel senso che un’istituzione pubblica dovrebbe per prima cosa proteggere gli spazi i tempi e i modi della ricerca artistica, creando le condizioni necessarie perché questa possa prendere forma.