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A6. Cervelli, corpi e progetti in fuga

Sempre più artisti, curatori, operatori dell’arte contemporanea italiana emigrano, non solo alla ricerca di un’opportunità di lavoro che non trovano in Italia, ma anche perché aspirano ad un contesto più stimolante e desiderano sfuggire alle mortificazioni a cui spesso istituzioni e amministrazioni pubbliche sottopongono progetti, visioni, proposte di cambiamento. È necessario fermare questo processo o, al contrario, la “diaspora culturale” può divenire una risorsa per l’arte italiana?


Proposte del tavolo 

Riconoscimento dello statuto sociale e legale di artista ed operatore culturale, base primaria per accreditare il processo creativo del singolo nel suo divenire lavoro etico, produttore di valore culturale nonché economico. 


premesse
PREMESSE 

- Rifiuto della logica del “cervello in fuga”, oggi mero titolo ad effetto per i giornali di una nazione in crisi. Nel momento storico che stiamo vivendo, dove il mondo è sempre più piccolo, non ha senso parlare di cervelli in fuga dal proprio paese: da sempre c’è chi rimane a casa e chi invece parte in esplorazione. Siamo tutti esseri in movimento, nomadi globali perenni, e questo deve essere un dato di fatto e non una criticità da argomentare, perché è proprio su tale normalità che si basa la forza stessa dello spostamento. Risultante ne è quindi la valorizzazione delle singole personalità indipendentemente dalla nazionalità di provenienza, perché una determinata scena culturale si arricchisce aprendo le porte anche a competenze straniere. 

- La problematicità sulla quale ragionare è invece il come l’Italia debba essere in grado di capitalizzare l’esperienza umana e lavorativa all’Estero degli addetti culturali per renderla risorsa “di ritorno” per l’arte italiana in termini soprattutto di dibattito critico e di progettualità a lungo termine

 - Centralità dei processi di esplorazione e di “innesto”, ovvero ciò che permette di far germogliare il know-how acquisito all’Estero nel contesto lavorativo italiano attraverso un processo di “ricollocamento” nel proprio panorama d’origine. Grazie all’operare in una nazione che non è la nostra (anche tramite le residenze), il seme crescerà in maniera diversa al momento del rientro in Italia a contatto con le specificità della nostra penisola. 

- E questo soprattutto per la volontà e la positività espressa di investire e re-investire in Italia per mezzo di un processo resiliente di valorizzazione delle suddette specificità, in un contesto nel quale - nonostante le evidenti difficoltà - accadono cose che in altre nazioni non potrebbero accadere.
proposte
PROPOSTE 

- Autodeterminazione del sistema dell’arte, affinché l’arte contemporanea rientri nel tessuto sociale quotidiano in maniera molto più radicata tramite un programma di democratizzazione della cultura - come un tempo era anche in Italia e come avviene tutt’oggi in molti paesi grazie al riconoscimento del ruolo sociale dell’artista e di tutti gli addetti culturali. 

- Mappatura e monitoraggio delle realtà positive che esistono nel nostro Paese, riscoprendo le specificità di luoghi e situazioni e le peculiarità del nostro territorio (e anche del suo mercato). In quanto piattaforma relazionale di incontro e di scambio, il network che si è creato grazie al Forum dell’arte contemporanea italiana potrebbe essere in tal senso primo, fondamentale passo e giovane eredità da potenziare. 

 - Avvio del processo per ristabilire le responsabilità politiche e attivare i giusti interlocutori politici (ad esempio la Direzione Generale Arte e Architettura Contemporanea e Periferie Urbane del MIBACT). 

- Rafforzamento delle politiche culturali, incrementando i finanziamenti alla produzione d’arte (intesa nel senso più ampio possibile) per permettere così agli addetti culturali di poter agire in un contesto e all’interno di un dialogo competitivo a livello internazionale - senza per questo dover applicare il sistema politico di un paese ad un altro, dove l’atto di traduzione in tal senso risulterebbe fin da principio fallimentare. 

- Allo stesso tempo e parallelamente, ribadire e mantenere una distanza tra i tempi culturali e i tempi politici, ovvero una di-sincronia tra la politica culturale e la politica in senso stretto. Interlocutore primario in tale percorso potrebbe essere il Comitato Fondazioni Arte Contemporanea Italiani, soggetto che si pone a “metà strada” e da “vaso comunicante” tra la realtà privata delle gallerie commerciali e quella pubblica dei musei istituzionali. 

- Da ciò deriva la necessità di lavorare ed agire dal basso creando sinergie di idee e di intenti attraverso una moltiplicazione degli echi e delle energie, senza dover aspettare le mosse e i tempi della politica ma invece mettendo in moto progetti che si possano auto-sostenere - ad esempio attraverso un articolato sistema virale di contenuti e/o addirittura ipotizzando di sradicare il sistema economico vigente agendo invece su modelli più sostanziali non basati necessariamente sul denaro.